Roberto Maggiani


Paolo Polvani intervista Roberto Maggiani


P.P. Nel tuo libro, un saggio breve edito da CFR Edizioni - Poesia e scienza, una relazione necessaria? -, affermi che - La poesia ha l’obbligo di espandersi sui territori della scienza [...] cercando di seguire nelle vene della scienza stessa quel senso iniziale e finale che avvolge il corpo del reale -.
Non sarebbe più corretto il contrario? visto che la letteratura e la poesia non hanno mai nascosto la curiosità nei confronti della scienza, penso per esempio a Lezioni di fisica, di Elio Pagliarani, a certi racconti di Italo Calvino, o di Jorge Luis Borges. In fondo il concetto di unitarietà, di un tutto interconnesso, è da sempre presente nella poesia come sua vocazione.

R.M. Più che la poesia sono alcuni poeti, in quanto uomini, a non nascondere il loro interesse per la scienza, proprio perché vedono in essa una possibile espansione della loro ricerca, molto più difficilmente succede il contrario, scienziati che vedano nella poesia un possibile ampliamento della propria ricerca. Ad esempio, so che Andrea Zanzotto leggeva regolarmente la rivista periodica Le Scienze. Nei molti rapporti che ho intessuto nel corso degli anni, da quando ho iniziato a pubblicare le mie poesie, nel 1998, ho registrato un grande interesse e una certa curiosità nei confronti di un poeta dottore in Fisica. Molti amici, poeti e critici, mi hanno indicato, fin dagli esordi, la strada verso una poesia interconnessa con la scienza, soltanto due anni fa ho però decisamente intrapreso tale percorso, prima non capivo bene che cosa significasse. Fare poesia attingendo alle linee concettuali della scienza è possibile anche a un poeta che si documenti su argomenti scientifici, invece, fare il viceversa, cioè scienza per mezzo della poesia, bisogna avere elevate competenze nel campo della Fisica o di una qualsiasi disciplina scientifica.
La mia affermazione, che tu hai riportato, parte dall’idea che la poesia, il poeta, abbia un profondissimo senso indagatore che esula dalle restrizioni sperimentali a cui la scienza è sottoposta. La scienza, lo scienziato, ha fantasia, immagina come è fatto il mondo, poi è però costretto ad abbandonare quelle teorie, o modelli, che l’esperienza, l’esperimento, non confermano.
La scienza può espandersi nel territorio della poesia? Certo, lo fa, io stesso lo faccio, basti guardare le mie ultime pubblicazioni in poesia, quali Scienza aleatoria e Nella frequenza del giallo, tale fatto può portare novità nella poesia, aria nuova, tuttavia è l’ingresso della poesia nella scienza che può indurre in quest’ultima quel pensiero, quell’intuizione, propria dell’artista, dell’arte, che coglie l’essenza stessa del reale (anzi, la poesia è il reale) e può far procedere la scienza stessa verso nuovi modelli descriventi la realtà. Nel libro affermo anche che molti scienziati già fanno così, anche se non lo sanno.
Penso che sia il caso di riportare per esteso, dal mio saggio, il testo che hai usato nella domanda: La poesia ha l’obbligo di espandersi sui territori della scienza, fino ai suoi estremi confini. Sia la poesia che la scienza sono fatti umani, pertanto devono incontrarsi nell’uomo e donare l’una all’altra la libertà di muoversi nei territori che ognuna ha raggiunto o conquistato. In particolare, la poesia ha il dovere di percorrere i territori della scienza e ad essa offrire il servigio del suo acutissimo senso indagatore e rivelatore di un più profondo livello di vita/esistenza del cosmo, interrogandosi sul mondo, libera dal metodo scientifico, unendosi alla scienza proprio in questo interrogarsi, e cercando di seguire nelle vene della scienza stessa quel senso iniziale e finale che avvolge il corpo del reale.



P.P. Mi piace molto la citazione da Alberto Monasterolo: - È il corpo che è nell’anima, e non viceversa -.
Qual è il senso di questa affermazione in relazione alle tue riflessioni?

R.M. Alberto Monasterolo si riferisce al pensiero di Plotino, il quale afferma che nel mondo ci sono diversi livelli di esistenza e quindi di perfezione. In questa scala il corpo, con la sua materialità, è a un gradino di perfezione inferiore rispetto all’anima, è cioè l’anima quello stato di coscienza che ingloba in sé, nella propria esistenza, il corpo, la materialità del mondo, la fisica. Ecco perché affermo e penso che la poesia sia più della scienza; la poesia, ma direi l’arte in genere, è l’anima che ingloba la materialità del mondo, e quindi la scienza. Penso che sia un grave errore quello di rendere asettica la scienza, lontana dalla sua anima che è l’uomo stesso nel suo aspetto direi più spirituale, non intendo religioso. È ovvio che ciò non vuol dire allontanare la scienza dal suo rigore, chi di noi andrebbe a farsi curare da un poeta? Decisamente fa piacere avere davanti un medico che sa il fatto suo nel rigore scientifico della cura; io sto parlando di un dover essere iniziale nella relazione poesia e scienza che non va dimenticato o addirittura negato. Per chiarezza riporto l’intero pezzo del filosofo Alberto Monasterolo: La materia ha bisogno di tutto, proprio in quanto deficienza totale. L’anima le fornisce questo tutto, ma la realtà sensibile, non riuscendo ad essere indipendente, si appoggia all’anima, della cui presenza ha bisogno per mantenersi nella sua pseudo-esistenza. Perciò, detto in termini plotiniani, è il corpo che è nell’anima, e non viceversa. Nel saggio mi aggancio a tale affermazione e scrivo: Ebbene la Poesia è, a mio avviso, uno stato della coscienza umana in cui è permessa l’osservazione dell’esistenza da questa sorta di sfera superiore dell’anima e dell’intelligenza, sfera che ingloba la realtà materiale sensibile.



P.P. Tu affermi: - Il pensiero scientifico, in ricerca di una visione unitaria della realtà fisica, sta cercando di elaborare una teoria cosiddetta del Tutto -.
Sembrerebbe quindi che sia la scienza a sconfinare in ambiti precipui della religione, principalmente del Buddismo.

R.M. Mah, penso che la scienza e la religione non possano essere sovrapposte e confuse nelle loro intenzioni. La Teoria del Tutto che la scienza sta cercando è soggetta a verifiche sperimentali stringenti, ciò che non è sperimentabile non è pensabile ascriverlo all’ambito scientifico. Qualunque religione non cerca in nessun modo una conferma sperimentale, forse storica sì, ma non la necessita, se c’è può rafforzare l’idea religiosa, ma se non c’è la religione continua ad esistere, non viene rigettata. La religione si fonda su regole/leggi e sensazioni/esperienze individuali o sociali e di relazione con un Assoluto, e tali sensazioni/esperienze sono, in fondo, molto soggettive e anche talvolta inducibili da un contesto sociale. Per esplicitare meglio il mio pensiero riporto una poesia dall’eBook Nella frequenza del giallo, si intitola Ateismo:

Se dici: Dio è contento di te
inventi la fede nel mistero di Dio –
oltre ad affermare la sua esistenza
stai dicendo che lo vedi o lo senti
esprimere la sua contentezza –
non posso dire che non sia vero
ma neppure tu puoi dire che non sia vero
quando affermo la sua inesistenza –
siamo uguali nella fede –
a meno che egli faccia disparità
tu lo sai e gli sei complice.
Perché non parla anche a me?
Come posso sapere che dici il vero?
Anch’io dico il vero da parte mia.
È un sentire da entrambe le parti
e nel nostro sentire siamo uguali.

Io sono un credente, sono cristiano. Religione e scienza sono in relazione semplicemente nel fatto che, insieme, ognuna nei propri ambiti di competenza, possono offrire una visione unitaria e completa del mondo, proprio perché il mondo non è fatto di sola materia né di solo spirito. Ognuno dia più importanza a ciò che vuole, ma il rispetto delle discipline, e quindi degli uomini che le fanno e le vivono, è d’obbligo per la credibilità di uno scienziato o di un religioso.
Alcune analogie tra l’uno e l’altro ambito, religioso e scientifico, sembrano poter creare una sorta di osmosi tra loro, va bene, ciò è ammesso, ma ogni analogia ha dei limiti, dico questo riferendomi a molte pubblicazioni pseudo scientifiche e pseudo religiose di divulgazione che fanno gran minestroni senza sostanza, forzando le analogie.



P.P. Tu dici: - La scrittura in versi altro non è, allora, che uno dei modi di esprimere la novità di una particolare visione/intuizione sull’esistenza -.
Mi piace molto il concetto di novità. Quindi la poesia deve offrire una visione sempre nuova, originale, della vita?

R.M. Capita ad ogni persona di trovarsi davanti alla necessità di esprimere una propria visione/intuizione relativamente ad un dato ambito di esperienza. La maggior parte delle volte la teniamo per noi stessi, la cosa ci dà soddisfazione ma lì rimane, altre volte la comunichiamo semplicemente con la parola a un’altra persona, altre volte ancora abbiamo la necessità di esprimerla per mezzo di modalità che comunemente chiamiamo arte, o qualcosa di simile. Qui stiamo parlando di poesia e quindi dico che una poesia nasce proprio dal cogliere una novità nel normale flusso dell’esistenza, qualcosa che ci sembra originale; difficilmente sarà qualcosa di nuovo in senso assoluto, talvolta per chi ne fa l’esperienza lo è, ma originale è la parola magica, cioè la capacità di vedere qualcosa, che sta normalmente sotto gli occhi di tutti, quindi non nuovo, in modo diverso, da una prospettiva diversa, nuova. La visione/intuizione il poeta prova a scriverla, ed ecco fatto, se è stato bravo è arrivata l’opera d’arte, si capisce dall’effetto che fa sugli altri.



P.P. Ho trovato molto interessante nel tuo libro il concetto di - nuvola di probabilità intorno al senso della scrittura -.
Puoi illustrarlo ai lettori?

R.M. Uso un concetto preso in prestito dalla Fisica Quantistica, dove per nuvola di probabilità, nel caso specifico degli elettroni in orbita intorno ai nuclei atomici, si intende una zona dello spazio, in cui è probabile trovare gli elettroni. Tale nuvola di probabilità è una conseguenza del principio di indeterminazione di Heisenberg, secondo il quale non è possibile determinare con elevata precisione, nello stesso istante, la velocità e la posizione di una particella, così da determinarne precisamente l’orbita, ciò è conseguenza delle perturbazioni che il processo di misura stesso provoca su velocità e posizione della particella. Detto questo, riporto una parte dal saggio dove uso tale analogia: A mio avviso, nel mondo del subatomico poetico, fatto dalle percezioni personali legate all’immaginazione, che sono virtuali, più si ricerca il senso della realtà osservata o intuita, stringendo nell’intelligenza le visioni tipiche del poeta, più sfugge la parola adatta ad esprimerlo pienamente, o meglio, ci si rende conto che non esiste una parola adatta ad esprimerlo nella sua ampiezza; mentre, viceversa, più la parola del poeta è determinata e di significato preciso, più il senso dell’intuizione si rende sfuggevole perdendosi nel tentativo di determinarlo nella parola, non tanto perché la parola lo disturba e lo allontana, ma perché la parola porta con sé, inevitabilmente, altri sensi, rimanendo così il significato iniziale in parte offuscato. Tale indeterminazione è però risolta nel poeta, il quale, avendo avuto la visione di cui scrive o narra, attribuisce alle proprie parole il senso adeguato, mentre nel lettore tale indeterminazione di senso può assumere il massimo grado, essendo egli, per sua natura, persona altra rispetto al poeta, con altre immaginazioni, sensazioni, emozioni e interpretazioni del mondo e del senso della parola poetica. Naturalmente tale tipo di indeterminazione, tale nuvola di probabilità intorno al senso della scrittura, può essere ridotta da una comune esperienza che lega il lettore al poeta, o ridotta al minimo quando il lettore coincide con il poeta, ma forse mai annullata. Ci sono chiaramente vari gradi di percezione della scrittura poetica, ci sono dei sensi che saranno immediatamente evidenti a tutti perché ricorrono in esperienze comuni, ma ci sono sensi che sfuggono e appaiono solo al poeta, nel ricordo o nel riattualizzarsi dell’esperienza.



P.P. Com’è nata l’avventura de LaRecherche.it?

R.M. È nata alla fine del 2007, dall’incontro tra me e Giuliano Brenna, in verità fisicamente avvenuto un anno prima. Lui portava con sé una grande passione, quella per Marcel Proust e la sua opera, la Recherche, insieme a una altrettanto importante passione per la lettura, in particolare di opere di narrativa; mi hanno impressionato la sua velocità di lettura e la capacità di individuare i punti di snodo di un libro, di autori noti come di autori meno noti. Io, invece, portavo la mia passione per la poesia e la voglia di confrontarmi in tal senso con altri, sia nella lettura che nella scrittura. Entrambi ci siamo accorti che mancavano luoghi - almeno, noi non ne conoscevamo -, per quanto virtuali, dove le persone, anche “principianti” nella scrittura, potessero incontrarsi e confrontarsi, proponendo e imparando gli uni dagli altri sia la lettura che la scrittura. Abbiamo pensato che autori come Moccia e Vespa non potessero continuare a imbrogliare i lettori, qualcuno avrebbe dovuto smascherarli. Ci eravamo anche stancati dell’atteggiamento della maggior parte delle riviste e degli editori, metodici nell’allontanare o far morire nella dimenticanza chi, pur amando la scrittura, non dà subito risultati ritenuti soddisfacenti. Eccetera eccetera. Allora abbiamo creato un luogo rappresentato da queste parole che si trovano nella pagina Chi siamo del sito: Questo è, prima di tutto, un luogo di partenza, di aiuto reciproco, di lavoro comune e di confronto sulla scrittura: da qui si parte, non si arriva; o meglio, qui si arriva soli per partire insieme...
Cerchiamo, nel limite del possibile, di camminare insieme, nella diversità degli interessi e della scrittura, ma, più di ogni altra cosa, pensiamo che non esista nessuno che possa escludere qualcun altro dalla gioia di incamminarsi nell’esperienza della scrittura. Certo, ci vorrebbe molta più umiltà da parte di chi scrive, si deve imparare ad essere criticati e dalle critiche crescere, si deve imparare a leggere gli altri. Non si può essere bravi e apprezzati scrittori al primo colpo, se non per rarissime eccezioni. Normalmente si parte da un lago di banalità, ma ci sono molti che da lì si avviano verso il mare della propria personale, originale, scrittura, passando per fiumi angusti e rapide. Questa è la nostra esperienza.



P.P. Tu pensi che il libro elettronico, svincolando la letteratura, e soprattutto la poesia, da una visione mercantile, sia il futuro dell’editoria?

R.M. Purtroppo la visione mercantile non ci abbandonerà mai. Noi, su LaRecherche.it, pubblichiamo eBook gratuitamente, sia per chi scrive che per chi legge, non ci sono compensi per nessuno, i libri sono liberamente scaricabili, gratis. Ma non sono gratis per noi che li pubblichiamo, perché il lavoro c’è, per quanto semplificato c’è, quindi noi, l’eBook, lo paghiamo con il nostro tempo, che volontariamente dedichiamo a tale iniziativa editoriale. Il gratis in Italia, e anche altrove, non esiste, gratis è assurdo, quasi da non crederci, sai quanti ci scrivono non capendo come si possa fare tutto gratuitamente? Beh, facile, basta che qualcuno ci dedichi del tempo gratis, quelli sono i redattori de LaRecherche.it.
Gli eBook stanno pian piano avanzando, le case editrici si sono già armate, costano meno, ma costano lo stesso. Il problema, qualche volta, sono gli autori, vogliono guadagnare sull’arte, a tutti i costi, ecco, quindi, che la mentalità mercantile, fortemente legata a quella del successo, sta anche nella testa degli autori, perché se volessimo, noi autori, chi ci vieta di unirci e creare una casa editrice in tutto e per tutto competitiva nella proposta editoriale ma gratuita per mandare a terra questa mentalità mercantile, per sconfiggere le baronie della letteratura?



P.P. Nel campo della poesia esiste un’enorme sproporzione tra il numero di chi compie tentativi di scrittura poetica, e il numero dei lettori di poesia. Secondo te esiste una strada, un metodo, un modo per cercare di colmare il divario?

R.M. Bella domanda. Penso di no, non c’è, a mio avviso, un modo per colmare tale divario che rimarrà sempre sbilanciato verso chi scrive e non verso chi legge. In sé, tale squilibrio, è un segno positivo, ci dice che le persone hanno voglia di raccontare e di raccontarsi, in un modo ritenuto di grande sensibilità, cioè in versi. Anche perché si pensa che il verso sia facile da scrivere: basta forse legare parole difficili un po’ altisonanti, un po’ desuete nel parlare comune, intorno a proprie esperienze sensoriali immediate, ed ecco la poesia?
Va bene il fatto di volersi raccontare e voler raccontare, con una certa sensibilità, sé stessi, non va bene invece la forma del raccontare e del raccontarsi, si è abituati a forme poetiche desuete e antiquate, non al passo con la modernità. Non si offre alla gente la possibilità di confrontarsi con scritture contemporanee di ampio respiro, ci sono filtri a monte. Purtroppo in gran parte il problema è sempre mercantile, ed è un gatto che si morde la coda, i distributori e le librerie vogliono vendere e quindi dedicano poco spazio alla poesia, perché non vende, di conseguenza meno si vede poesia, meno si compra e meno si legge; allora gli editori ricorrono a poesie fantasma, cioè poesie che pian piano diventano come fantasmi che aleggiano nelle librerie, sempre le stesse, annoianti, che si vendono perché si regalano negli anniversari tra fidanzati o per i compleanni degli amici più cari, o perché sono morti o premi nobel freschi freschi, insomma diventa un mercato di consumo mirato. La gente non ha la possibilità di scegliere, non conosce gli autori, non è invogliata a leggere poesia; poche sono le trasmissione radiofoniche che fanno della poesia il centro (televisivamente parlando è ancora peggio). Se non si spezza tale tendenza non si arriva da nessuna parte. La gente continuerà ad avere l’esigenza di poesia, la scrive come scrivere un diario, ma non la legge perché nessuno gliela fa conoscere.
Con LaRercherche.it vogliamo fare anche questo, proporre poesia, proporre autori, aria nuova; abbiamo rubriche dedicate come “Poesia della settimana”, le recensioni o gli eBook gratuitamente scaricabili. Infine, vogliamo parlare dei critici? La maggior parte coltiva il proprio orticello, hanno la stessa visione di una talpa, sono chiusi, arroganti e maleducati. Pochissimi sono aperti alla novità. In Italia c’è un’aria stantia, pochi baroni decidono chi è bravo e chi è cattivo… ma basta no? Evviva internet che realizza la necessità di una democrazia letteraria.



P.P. Il tuo ultimo libro, Nella frequenza del giallo, nato dalla riflessione sul rapporto tra poesia e scienza, a quali conclusioni conduce?

R.M. È quello che sto cercando di capire dai commenti dei lettori che mi arrivano. Personalmente, quando metto insieme una raccolta di poesie, non penso di dover arrivare a una conclusione, tutto è aperto, sempre. In realtà una raccolta mi si compone sotto gli occhi seguendo un filo conduttore, ma non posso dire che seguendolo si arrivi a una conclusione. Amo ricevere le suggestioni e i pensieri dei lettori, perché solo così si tende a ciò che potrebbe essere una possibile conclusione a cui il libro potrebbe condurre. Ma basta che un altro lettore legga il libro e comunichi le sue percezioni che, ecco, tutto si stravolge e ribalta e quelle che potevano sembrare delle conclusioni non lo sono più. La poesia non è solo del poeta è anche dei lettori. Come già detto: Ci sono chiaramente vari gradi di percezione della scrittura poetica, ci sono dei sensi che saranno immediatamente evidenti a tutti perché ricorrono in esperienze comuni, ma ci sono sensi che sfuggono e appaiono solo al poeta, nel ricordo o nel riattualizzarsi dell’esperienza. E aggiungo che ogni lettore introduce nuove e necessarie attualizzazioni di un’opera, per mezzo della sua personalissima comprensione del testo, quando onesto intellettualmente.



P.P. Nella vita quotidiana quali altre passioni coltivi?

R.M. Oltre alla poesia e alla scienza - alle quali dedico moltissimo, anche e soprattutto nell’esperienza de LaRecherche.it - amo la fotografia; anch’essa confluisce nell’esperienza del sito, infatti tutte le foto che lì compaiono, anche per evitare problemi di diritti d’autore, le faccio io stesso, in tal modo possiamo variarle con frequenza a seconda delle stagioni, qualche volta le uso anche per le copertine degli eBook. Inoltre, mi diverte sviluppare codici per siti interattivi come è LaRecherche.it. Infine, amo e ballo il tango argentino, da ormai molti anni… ultimamente mi diverto a fare dolci.



P.P. Ci proponi una poesia dal tuo eBook, nella frequenza del giallo?

R.M. Grazie Paolo, per le tue piacevoli domande. Ecco la poesia, è dedicata a Pietro, mio nipote, nato alle 18:23 del 4 aprile 2011, figlio di mio fratello Paolo e di Maddalena.

A Pietro

Sei amato senza condizioni
ma già una vasta solitudine
sembra accamparsi attorno a te –
qualche volta stringe i fianchi
ma non vince: così è per chi
è venuto all’esistenza.

Sei nato da pochi giorni
eppure quando apri quei tuoi occhi
piccoli e azzurri
vedo fin d’ora la forza e l’orgoglio di un uomo
che lotta contro un mai visto nemico
e già interroga il bene e il male.

Sei una forza in pochi attimi
un impulso che attraversa la mia vita
e libera il cuore nella più grande delle gioie
sei l’incontrastata potenza del mio destino
che sgretola ogni ruvidezza e riepiloga
i giorni in un sorriso.

Sei un condottiero senza armi né eserciti
che dimostra il suo valore nella foga del sonno e della fame.
Sei una domanda che non avrà mai risposta.
Sei la biologia che ora qui
diventa principio d’esistenza.

Anche se in un luogo qualunque del Cosmo
esistesse altra vita, tu mi fai pensare
che nessuna potrà essere bella come la tua
piccolo uomo e principe –
apice della piramide evolutiva dell’amore –
mio delirio e salvezza.

Infine, dopo tanto pensare
non so che darti un semplice bacio
a suggello di quest’amore che m’invade.

In treno da Carrara a Roma, 10 aprile 2011, ore 21

4 commenti:

  1. Complimenti per questo contributo alla chiarezza. E' caratterizzato dalla limpida espressione dei versi, proposti come esempio, e dai ragionamenti pieni di rigore e novità. In particolare, apprezzabile mi sembra, da parte dell'intervistatore,Paolo Polvani, la serie incalzante delle domande, urgenti e giuste per chi desideri comprendere la poesia di Roberto Maggiani e in genere il mestiere di scrivere.

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  2. Apprezzo la chiarezza delle domande e il rigore della risposte che in genere sono nebulose di parole, più diaframmi che spiragli. I due argomenti che Maggiani fa convivere in sé ( o forse tre considerando l'oblatività del suo lavoro sulla Recherche.it), poesia e scienza , spesso presentati da una visione manichea contrapposti, si fondono per una visione più vasto dell'universo nelle sue zone di chiaro e di scuro. Molti fisici sono poeti molto interessanti, e Roberto conferma ulteriormente che la poesia supporta la scienza non la smentisce.
    Bravo anche Paolo nelle sue centratissime domande.
    Leggere qualcosa di stimolante fa bene all'intelligenza e al cuore.
    Narda

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  3. L'impresa di riconoscere in ogni atto vitale la ricerca della verità è conclamata nell'intimo dello scrivere di Roberto Maggiani. La scienza è una parte dell'anima del mondo che si può "espandere nel territorio poetico" ma la sua raccolta ha bisogno di chi sappia sperimentarla e cantarla, e non è da tutti riuscire.
    La parte centrale dell'intervista, la si può considerare un manifesto per una nuova poesia e un nuovo lettore, fuori dal "mercantile" sentire. Su tutto, inoltre, la percezione della passione di Roberto per le sue muse, che lo rende unico, nella frequenza del giallo e dell'arcobaleno tutto.
    Meth

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  4. @Marzia, Narda, Meth, vi ringrazio per essere passate di qua e aver letto e commentato con apprezzamento queste nostre parole.
    Grazie anche a tutti coloro che si sono affacciati a questa pagina e hanno letto, o leggeranno, l'intervista... mi emoziona sempre pensare che ci sia qualcuno disposto a dare del proprio prezioso tempo per l'ascolto degli altri... in questo caso di me e Paolo, che ringrazio per la sua generosità.
    Segnalo anche altri commenti che trovate in corrispondenza di questa pagina: http://www.larecherche.it/testo.asp?Id=750&Tabella=Eventi

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